niente soldi

A cura dell’Avv. Francesco Belcastro

Molti operatori economici potrebbero trovarsi nell’impossibilità di adempiere le proprie obbligazioni alla luce della chiusura disposta dal Governo di molte attività o a causa delle rigide restrizioni imposte dalla pandemia in atto.
Ma quale destino avranno i contratti sottoscritti prima di questo drammatico momento?

La legge italiana offre ai contraenti degli appigli normativi per evitare il configurarsi di ipotesi di responsabilità per inadempimento con conseguenti richieste risarcitorie, ma trattasi di fattispecie complesse che necessitano di essere affrontate caso per caso.

In alcuni casi potrebbe venire in aiuto l’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione (ex art 1256 c.c.), in altri quello della risoluzione del contratto per causa di forza maggiore.

L’impossibilità della prestazione può essere definitiva o temporanea.
L’art 1256 cc stabilisce che l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.
Quando invece l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è responsabile del ritardo nell’adempimento finché essa perdura. L’obbligazione si estingue, tuttavia, se l’impossibilità si protrae fino a quando il debitore non può essere più ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione, ovvero quando sia venuto meno l’interesse del creditore a conseguirla.
Naturalmente, la liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione si verificherà solo se ed in quanto concorrano l’elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore.

Il nostro ordinamento prevede anche la c.d. causa di forza maggiore, che può intendersi come quell’evento imprevedibile ed inevitabile al quale non è possibile resistere.
L’art. 1467 c.c. ne indica alcune caratteristiche nel momento in cui afferma che nei contratti a esecuzione continuata o periodica o a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458, salvo che detta sopravvenuta onerosità rientri nell’alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Il destino di molti dei contratti sorti prima del Corona Virus, dunque, non è solo nelle mani degli operatori economici, ma anche in quelle di chi dovrà consigliare ed affiancare i contraenti in questo difficilissimo periodo che, previa accurata analisi del caso specifico, potranno essere d’ausilio per negoziare nuovi accordi modificativi di quelli originari, non pregiudicando gli obiettivi che avevano determinato le parti a concludere quel dato contratto.

Coerentemente con quanto siamo soliti fare nella nostra attività di studio, in tempi normali ma ancor di più oggi, cercheremo, per quanto possibile di indirizzare il nostro cliente al raggiungimento di una soluzione condivisa anche con la controparte, al fine di evitare il contenzioso giudiziario, convinti, oggi più che mai, che sia questo il nostro preminente compito.

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